Regimi di alte velocità
di Maurizio Mauri



La velocità del suono

Consideriamo un gas contenuto in un recipiente a volume variabile (un cilindro con un pistone); se spostiamo istantaneamente lo stantuffo, il disturbo che ne deriva (diminuzione di volume ed aumento di pressione) interesserà inizialmente solo le particelle di gas vicine al pistone stesso. Solo in un secondo tempo questo disturbo si propagherà (attraverso urti successivi con le molecole adiacenti) in tutto il gas.

L'esempio mostra che una perturbazione si propaga in un fluido con velocità finita e non istantaneamente, come accadrebbe se il fluido non fosse in alcun modo comprimibile. Lo stantuffo, che è la causa del disturbo, assume le funzioni di sorgente delle piccole perturbazioni (piccole perchè diverse da altre perturbazioni che vedremo in seguito, le onde d'urto).

La velocità con cui si propagano le piccole perturbazioni è chiamata velocità del suono perchè il suono si propaga con un meccanismo simile a quello considerato. Infatti se una corda vocale entra in vibrazione, inizialmente iniziano a vibrare solo le particelle vicine alla corda; poi queste porteranno in vibrazione altre particelle ad esse adicenti, finchè la perturbazione si sarà propagata in tutto lo spazio.

Non è diffecile riconoscere alle perturbazioni acustiche la loro caratteristica di onde, con trasporto di energia senza trasporto di materia. Le onde acustiche fanno parte della categoria delle onde trasversali, perchè la direzione di vibrazione delle particelle è perpendicolare alla direzione di propagazione.

La velocità con cui si propagano le onde acustiche, utilizzando unità di misura del sistema internazionale, è data dalla espressione:




dove k è l'esponente dell'isentropica e R è la costante del gas. Se si usano unità di misura del sistema tecnico, la velocità del suono è data da:


Da notare che la velocità del suono è una caratteristica locale in quanto varia punto per punto all'interno del fluido, a seconda delle condizioni (temperatura) del fluido stesso. Non è corretto, quindi, attribuire un valore alla velocità del suono senza specificare in quale condizione vale.

Si definisce numero di Mach (M) il rapporto (adimensionale) tra la velocità del fluido e la velocità locale del suono:




In aria tipo, a quota zero, la velocità del suono vale circa 340 m/s.

Nella troposfera, in aria tipo, la velocità del suono varia con la quota con l'espressione:




Nella stratosfera, sempre in aria tipo, rimane, invece, costante.






Propagazione delle piccole perturbazioni

Simulazione Effetto Doppler
Si definisce fronte d'onda il luogo dei punti raggiunti dalla perturbazione.

Poiché, in un mezzo omogeneo, le onde si propagano in tutte le direzioni, con la stessa velocità, il fronte d'onda è la superficie di una sfera.

Se abbiamo una sorgente di piccole perturbazioni ferma rispetto al mezzo, i fronti d'onda delle piccole perturbazioni, emesse in istanti successivi, sono dati da tante sfere concentriche, il cui raggio è dato dal prodotto della velocità del suono per il tempo trascorso da quando sono state generate.

Nel caso che la sorgente sia in movimento, rispetto al mezzo, possiamo distinguere tre casi, a seconda che la velocità della sorgente sia minore, uguale o maggiore della velocità del suono.

Nel primo caso (velocità della sorgente minore di quella del suono), dopo che è stata emessa una piccola perturbazione, la sorgente si sposta rimanendo, però, sempre all'interno del fronte d'onda della precedente perturbazione. Successive perturbazioni emesse dalla sorgente daranno luogo ad una serie di sfere, non più concentriche, ma interne una all'altra.

Nel caso che la velocità della sorgente sia uguale a quella del suono, la sorgente si sposta rimanendo sempre sul fronte d'onda; tutti i fronti d'onda di perturbazioni emesse successivamente, saranno tutti tangenti fra di loro nello stesso punto. Il piano tangente alle sfere in questo punto viene chiamato piano di Mach; esso divide lo spazio in due parti. La parte dello spazio non raggiunta dalla perturbazione si chiama zona del silenzio.

Nel caso che la sorgente sia ferma e il mezzo si muova alla velocità del suono, il piano di Mach è fisso e la zona del silenzio indica la zona che non verrà mai raggiunta dalla perturbazione.

Nel caso che la sorgente sia più veloce del suono, dopo aver emesso una piccola perturbazione, la sorgente si troverà all'esterno del fronte d'onda. Successive perturbazioni daranno luogo a diversi fronti d'onda costituiti da sfere che si intersecano fra di loro, e la sorgente posta sempre all'esterno.

L'inviluppo dei fronti d'onda è costituito da un cono, chiamato cono di Mach. La parte esterna al cono di Mach è la zona del silenzio. L'angolo di apertura del cono di Mach è proporzionale alla velocità della sorgente.

Questo angolo, chiamato angolo di Mach, è dato dalla relazione (vedi figura):





Energia di un gas

Abbiamo visto che per un liquido possiamo distinguere tre diverse forme di energia:

che, tenendo conto dell'equazione di stato, può anche essere scritta:



Per un gas non si può trascurare l'energia interna; infatti, durante il suo moto, essendo variabili pressione e densità, anche la temperatura (e di conseguenza anche l'energia interna) sarà soggetta a variazioni. Si ricorda che l'energia interna per un gas è data da: .




La somma dell'energia di pressione e dell'energia interna è una grandezza termodinamica chiamata Entalpia, che indicheremo con la lettera I, e, per un gas perfetto, si può scrivere:


Come già siamo abituati a fare, spesso considereremo l'entalpia per unità di massa, che indicheremo con la corrispondente lettera minuscola:



Ricordando che:

possiamo anche scrivere:

come si vede spesso in alcune espressioni.

Per quanto detto, l'energia totale di un gas è data dalla somma di energia potenziale, energia cinetica ed entalpia:



Considerando l'energia totale relativa alla massa unitaria:





Equazione di Bernoulli

Prendiamo in considerazione due sezioni di un tubo di flusso. Facciamo le ipotesi di moto permanente e che fra le due sezioni il fluido non scambi energia con l'esterno in nessun modo. In particolare il fluido contenuto fra le due sezioni del tubo di flusso:

non può scambiare calore con l'esterno (assenza di scambiatori di calore fra le due sezioni). Ciò significa che fra le due sezioni il fluido, che pur sempre è soggetto ad un'evoluzione, subisce una trasformazione isentropica. Non è sufficiente che la trasformazione sia adiabatica perché le due sezioni sono generiche. Non può compiere lavoro sull'esterno o che dall'esterno non venga compiuto lavoro sul fluido (assenza di turbine o di compressori).

Ovviamente questo non vuol dire che non debba essere compiuto alcun tipo di lavoro: le forze di pressione interne al fluido compiono lavoro, ma questo lavoro viene compiuto sul fluido stesso e fa cambiare la sua energia cinetica o l'energia interna; alla fine di questo processo l'energia totale rimane costante perchéil lavoro di forze interne ha fatto solo trasformare un tipo di energia in un altro tipo.

Nel caso che siano verificate queste condizioni possiamo dire che l'energia totale posseduta dal fluido in queste due sezione è la stessa, e cioè:



o, meglio:



è preferibile scriverla in quest'ultimo modo perché in questa equazione compaiono solo grandezze meccaniche; e l'equazione di Bernoulli, a differenza di come noi l'abbiamo ricavata, non è un'equazione di conservazione dell'energia, ma dovrebbe essere ricavata considerando le forze agenti sul fluido.

Nei gas, normalmente, le variazioni di energia potenziale sono trascurabili, quindi, in forma abbreviata l'equazione di Bernoulli può essere scritta:



Scriviamo ora l'equazione di Bernoulli in quest'altro modo:



che può essere letta nel seguente modo: la variazione di energia cinetica (per unità di massa) fra due sezioni del tubo di flusso eguaglia la variazione di entalpia ed è di segno contrario; ad un aumento di entalpia corrisponde una uguale diminuzione di energia cinetica.

Consideriamo anche la curva che rappresenta la trasformazione isentropica; la variazione di entalpia eguaglia l'area sottesa fra la curva e l'asse delle pressioni.


A suo tempo, parlando di trasformazioni isentropiche è stato trovato il lavoro compiuto durante la trasformazione; che fine ha fatto questo lavoro se abbiamo detto che nell'ipotesi di validità dell'equazione di Bernoulli non viene compiuto lavoro sull'esterno?




Equazione dell'energia

Prendiamo ora in considerazione un caso più generale del precedente: un tubo di flusso in cui scorre un fluido, sempre in modo stazionario; in questo caso, però, può anche scambiare energia con l'esterno.

Poiché fra le due sezioni del tubo di flusso c'è apporto di energia, per l'eventuale calore o per il lavoro, l'energia totale delle due sezione non può più essere la stessa, ma differirà proprio della quantità di energia fornita al fluido fra le due sezioni. Possiamo, quindi scrivere:



dove q è la quantità di calore (per unità di massa) che viene scambiato con il fluido fra le due sezioni; l è il lavoro compiuto dall'unità di massa di fluido. La differenza di segno fra calore e lavoro dipende dalle differenti convenzioni sul segno del calore e del lavoro.

Esplicitando l'equazione e trascurando, come al solito, l'energia potenziale:



che rappresenta l'equazione dell'Energia.

Questa equazione è molto più generale di quella di Bernoulli e non ha la limitazione sul tipo di trasformazione. L'equazione dell'energia coincide con l'equazione di Bernoulli nel caso in cui la trasformazione seguita dal fluido è adiabatica (non necessariamente isentropica) e nell'ipotesi che non sia compiuto lavoro.



Lavoro compiuto da un compressore

Consideriamo una macchina che compie lavoro sul fluido. Nella sezione d'ingresso (sezione 1) un gas entra nella macchina ed esce, dalla sezione di uscita (sezione 2), con un'energia maggiore. Una macchina del genere viene chiamata compressore se: L'equazione dell'energia applicata fra le due sezioni di ingresso e di uscita, non essendoci scambio di calore, può essere scritta:



E quindi:



Cioè il lavoro compiuto dal compressore eguaglia la variazione di entalpia, ed è di segno contrario (sempre a causa della convenzione sui segni).

Non sappiamo esattamente quale sia la trasformazione che subisce il fluido all'interno del compressore; possiamo solo dire che essa è adiabatica. Possiamo ipotizzare che sia adiabatica ideale, anche se ciò non cambia le conclusioni a cui arriveremo.

Si ricordi che, quando si è parlato di trasformazioni isentropiche, era stata trovata l'espressione del lavoro compiuto nella trasformazione, che era uguale a: -cv ΔT , differente da ciò che abbiamo trovato ora (-cp ΔT). Provate a spiegarvi questa apparente anomalia.

Un piccolo suggerimento: chiameremo il lavoro trovato ora lavoro compiuto dal compressore; all'altro lavoro, quello trovato parlando delle trasformazioni isentropiche, verrà dato il nome di lavoro di compressione. La differenza sembra di poco conto ma è sostanziale; evidentemente in un compressore non viene fatto solo lavoro di compressione.

Dal punto di vista grafico, mentre il lavoro di compressione è rappresentato dall'area sottesa fra la curva della trasformazione e l'asse dei volumi specifici, il lavoro compiuto dal compressore è rappresentato dall'area sottesa fra la curva e l'asse delle pressioni.

Abbiamo pure detto che l'espressione trovata è indipendente dalla trasformazione seguita dal fluido all'interno della macchina. Immaginiamo allora il caso di una pompa che potrebbe essere pensato come equivalente ad un compressore in cui si ha una trasformazione a volume costante. Il lavoro di compressione è evidentemente nullo, non essendoci variazione di volume; però è difficile pensare che la pompa riesca a funzionare senza compiere lavoro. Questo dovrebbe essere un ulteriore indizio per spiegare la differenza fra questi due tipi di lavoro.




Problema: un aereo vola alla velocità di 720 km/h; trovare la pressione che agisce nel punto di arresto e l'errore che si sarebbe commesso se l'aria fosse stata considerata incomprimibile.

Applichiamo l'equazione di Bernoulli al filetto fluido che subisce l'arresto tra una sezione a monte dell'aereo, dove la corrente si può ritenere indisturbata, e la sezione di arresto:




Supponendo che l'aereo voli a bassa quota in aria tipo (T0 = 288K), ed essendo per l'aria k = 1,41, ricaviamo:



Dall'equazione della trasformazione isentropica:




Se invece avessimo supposto il fluido incomprimibile avremmo avuto:




L'errore, di circa 2000 Pa (l'errore relativo è poco minore del 2%), è abbastanza piccolo. In generale questo errore è sempre piccolo se la velocità del fluido è sufficientemente lontana dalla velocità del suono. Per rendercene meglio conto abbiamo scriviamo un piccolo programma, in Javascript, che fornisce quanto calcolato nell'esercizio, ma a differenti numeri di Mach, fra 0 e 1.




Moto nel tubo di flusso

Vediamo ora come varia la sezione di un tubo di flusso all'aumentare della velocità. Durante l'espansione il gas, oltre ad aumentare la propria velocità, subisce un raffreddamento (conseguenza dell'equazione di Bernoulli); possiamo così tracciare il diagramma della sezione in funzione della temperatura.

Come abbiamo già fatto per i liquidi la sezione può essere calcolata dall'equazione di continuità:



Dobbiamo, quindi, vedere l'andamento della densità e della velocità in funzione della temperatura. La velocità può essere trovata tramite l'equazione di Bernoulli, da cui troviamo la seguente espressione:



Ha, quindi, un andamento parabolico ed è nulla nelle condizioni di ristagno (T=T0) e raggiunge il valore massimo (velocità limite) quando la temperatura si annulla. La velocità limite ha la seguente espressione:



La densità si ricava dall'equazione della trasformazione isentropica:



Si annulla nelle condizioni limite (temperatura nulla) ed assume valore massimo nelle condizioni di ristagno.

La sezione diventa infinita nel caso di densità nulla e velocità nulla; la curva che la rappresenta ha, perciò, due asintoti verticali in corrispondenza di questi due valori. Per altri valori della temperatura la sezione ha sempre valore finito; deve quindi raggiungere un minimo, con l'andamento mostrato in figura.



A differenza di quanto accade per i liquidi, la sezione non è inversamente proporzionale alla velocità ma presenta due andamenti opposti: per basse velocità (temperature vicine a quelle di ristagno) l'andamento è qualitativamente analogo a quello che si ha per i liquidi, cioè all'aumentare della velocità diminuisce la sezione; per alte velocità e basse temperature, al contrario, la sezione aumenta all'aumentare della velocità.

Le condizioni che separano questi due campi, cioè le condizioni per cui la sezione diventa minima vengono chiamate condizioni critiche.

La seguente applet permette di calcolare i parametri di deflusso e disegnare su un grafico i rispettivi valori:


Deflusso da un serbatoio




Condizioni critiche

Nelle condizioni critiche si potrebbe dimostrare che la velocità del fluido eguaglia la velocità locale del suono. Questo vuol dire che un gas si comporta (qualitativamente) come un liquido quando la sua velocità è subsonica, mentre se la velocità è supersonica il suo comportamento è opposto a quello del liquido.

Possiamo trovare i parametri critici eguagliando la velocità del fluido alla velocità del suono:


Svolgendo i calcoli troviamo la temperatura critica:


Per l'aria Tcr = ~0,832 T0.

Dall'equazione della trasformazione isentropica ricaviamo densità critica e pressione critica:




Per l'aria: ρcr = ~0,63 ρ0; pcr = ~0,53 p0.

Breve riepilogo: per poter raggiungere velocità supersoniche un gas si deve espandere fino ad una pressione inferiore a quella critica. Inizialmente la sezione del tubo di flusso diminuisce all'aumentare della velocità (come succede anche per i liquidi); ma, dopo che è stata raggiunta la pressione critica avviene tutto il contrario, cioè all'aumentare della velocità aumenta anche la sezione del tubo di flusso.

Per spiegare questo 'singolare' comportamento pensiamo al fatto che, in regime supersonico, la densità diminuisce più rapidamente di quanto aumenti la velocità.

Lo stesso discorso vale all'inverso: un fluido supersonico per diventare subsonico (in modo graduale) deve passare attraverso la sezione critica.

Una sezione ristretta per poter essere una sezione critica deve permettere il raggiungimento dei parametri critici: in caso contrario il fluido non cambia le proprie caratteristiche (se era supersonico rimane supersonico).




Efflusso da un serbatoio

Consideriamo un serbatoio nel quale è contenuto gas nelle condizioni di ristagno. Nel serbatoio è praticato un foro dal quale il gas può uscire. Indichiamo con pe la pressione esterna. Ovviamente la pressione all'interno del serbatoio deve essere maggiore di quella esterna, altrimenti il gas non potrebbe uscire. Distinguiamo i seguenti casi:

Affinché si possa raggiungere una velocità supersonica (e quindi con espansione sempre isentropica), il flusso deve essere guidato; è necessario, cioè, un condotto convergente-divergente chiamato tubo di De Laval.

Nella figura che segue è riportato l'andamento della pressione, densità e temperatura lungo il tubo di De Laval.




Problema: Calcolare le dimensioni di massima di un tubo di De Laval che, applicato ad un serbatoio ove vi è una pressione di 3000 hPa, temperatura 800 K, permetta l'espansione di 5 kg/s di aria fino alla pressione esterna di 1000 hPa.

Calcoliamo la densità nel serbatoio: (equazione di stato).


Calcoliamo le condizioni critiche:





Calcoliamo la sezione di uscita: (eq. di stato) (eq. di Bernoulli) (eq. di continuità)







A questo punto, note le dimensioni di massima, ed imponendo che il divergente abbia un'apertura non superiore a 7° - 8° (per evitare il distacco dello strato limite), e raccordando opportunamente il convergente con la sezione critica non è difficile disegnare il tubo.




Calcolo dei parametri di efflusso

Per esercitazione impostiamo un piccolo programma per computer per il calcolo della densità, velocità, sezione e velocità del suono in funzione della temperatura.

Per rendere più generali i risultati ottenuti, senza riferimento a particolari condizioni presenti nel serbatoio, rendiamo adimensionali le formule finora utilizzate. Questo vuol dire, in particolare, che la variabile indipendente, invece di essere la temperatura, diventa il rapporto fra la temperatura del fluido e quella di ristagno. Questo rapporto può variare fra 0 e 1 e verrà indicato con la lettera greca τ:



Quindi, invece di calcolare la densità del fluido, calcoleremo il rapporto di essa con la densità di ristagno con la seguente formula:



La velocità verrà calcolata in rapporto alla velocità limite:



Anche la sezione e la velocità del suono vengono calcolate in rapporto ai corrispondenti valori assunti nella sezione critica:



essendo:



Infine:



Per questo programma, il cui listato è riportato in appendice, è stato utilizzato il Java. In esso viene creata un tabella in cui sono riportati i valori calcolati) che potranno essere copiati e incollati in altre applicazioni; contemporaneamente tutti questi valori sono riportati su un grafico (la sezione in scala logaritmica).

L'output di questo programma è riportato nel grafico e nella tabella che seguono.



Spinta fornita dal tubo di De Laval

La funzione del tubo di De Laval è, ovviamente, quella di lanciare il gas a velocità supersoniche.

Contemporaneamente su di esso si crea, per reazione, una spinta che può essere facilmente calcolata applicando il teorema della quantità di moto:


In questa formula è messo in evidenza che (a differenza di quanto accade per il fluido subsonico) la pressione di uscita può essere diversa dalla pressione esterna. Infatti, proprio perché la velocità è supersonica, le onde acustiche, che viaggiano alla velocità del suono, non risalgono il tubo (che si trova così in zona del silenzio). Il fluido, quindi, non ha la possibilità di risentire dalla piccola perturbazione che si crea sulla sezione di uscita a causa della pressione esterna, e si adatta unicamente alla sezione del tubo.

Se la pressione di uscita è maggiore della pressione esterna l'ulteriore espansione del gas avviene all'esterno del tubo. Se, invece, Pu < Pe il fluido, per poter uscire, deve poter variare la pressione di uscita. tale variazione avviene bruscamente, tramite un'onda d'urto (che vedremo più avanti).


Onde d'urto

Le onde d'urto sono delle superfici di discontinuità, al passaggio delle quali il fluido subisce una brusca variazione delle proprie caratteristiche; pressione, densità e temperatura subiscono un brusco aumento, mentre la velocità del fluido diminuisce.

Le onde d'urto possono essere curve oppure piane; in realtà le onde d'urto piane sono soltanto una semplificazione necessaria per studiarle meglio. Possono essere anche normali, se la velocità del fluido è perpendicolare all'onda, od oblique, in caso contrario.

In un'onda d'urto normale la velocità del fluido, che a monte dell'onda è supersonica, a valle diventa subsonica.

Nelle onde d'urto oblique bisogna considerare le componenti della velocità normale e parallela all'onda; la componente parallela non subisce variazioni al passaggio dell'onda d'urto. La componente normale, che a monte è supersonica, a valle diventa subsonica.

La velocità risultante, a valle dell'onda d'urto, può essere tanto subsonica (onde d'urto forti) che supersonica (onde d'urto deboli). Le onde d'urto normali sono sempre forti.. Le onde d'urto sono delle perturbazioni forti; non si propagano, quindi, con la velocità del suono.

Approfondiamo, ora, le onde d'urto normali.



Onde d'urto normali

Prendiamo in considerazione una superficie di discontinuità normale alla direzione della corrente (onda d'urto normale). Tale onda d'urto potrebbe essere quella che si genera in un tubo divergente con corrente supersonica quando la pressione di uscita è minore della pressione esterna.

Supponiamo, inoltre, che l'onda d'urto sia ferma nel nostro riferimento (onda d'urto stazionaria). Le equazioni che descrivono il fenomeno sono:

  1. Equazione di continuità: se prendiamo due sezioni, una immediatamente a monte dell'onda e l'altra immediatamente a valle, le aree delle due sezioni sono uguali:



  2. Equazione di stato dei gas:


Non valgono, invece, l'equazione della trasformazione, che non è isentropica (anche se è adiabatica), e l'equazione di Bernoulli, che valeva solo per la trasformazione isentropica.

Al loro posto possiamo scrivere:
  1. Equazione della quantità di moto, che si ricava applicando il teorema della quantità di moto al tronco di tubo di flusso compreso fra le due sezioni considerate:



    oppure:



    che può essere scritta anche:



  2. Equazione dell'energia, che, in questo caso (trasformazione adiabatica), è identica all'equazione di Bernoulli:


Queste quattro equazioni sono sufficienti allo studio delle onde d'urto normali, ma il loro uso può essere semplificato ricavando da queste una quinta equazione (che ovviamente ne sostituisce una), chiamata: Equazione di Prandt: Omettiamo la dimostrazione di quest'ultima, per l'eccessiva laboriosità dei calcoli:



Osservazione
: l'equazione di Bernoulli perde di validità quando la si applica fra due sezioni che contengono l'onda d'urto; si può, invece, continuare ad applicarla quando le due sezioni sono entrambe a monte o entrambe a valle dell'onda d'urto.

La trasformazione adiabatica (non ideale) che subisce il fluido non appartiene nemmeno alla famiglia delle politropiche; l'espressione che la rappresenta è chiamata equazione di Rankine-Hugoniot. Per il calcolo della velocità critica si può prendere in considerazione sia la sezione di ristagno a monte che quella a valle (anche se potrebbe non aversi alcun ristagno nel fluido), dato che la temperatura di ristagno a monte e a valle sono uguali; per rendersene conto, applicare l'equazione dell'energia fra due ipotetiche sezioni di ristagno a monte e a valle dell'onda d'urto.



Problema: In corrispondenza del bordo di attacco della fusoliera, quando la corrente è supersonica, si forma un'onda d'urto staccata. Per la linea di corrente che subisce l'arresto tale onda può considerarsi normale.

Sia: V1 = 500 m/s, p1 = 1000 hPa, ρ1 = 1,225 kg/m3, T1 = 288 K. Ricavare le corrispondenti grandezze a valle dell'urto, per il filetto fluido che subisce l'arresto, e i valori di ristagno a monte e a valle dell'urto.

Troviamo le grandezze di ristagno a monte dell'urto.


Dall'equazione di Bernoulli:



Dall'equazione della trasformazione:



Dall'equazione di stato:



La velocità critica al quadrato è:



Dalla relazione di Prandt:



Applichiamo, infine, l'equazione di continuità:



l'equazione della quantità di moto:



e l'equazione di stato:



Da notare che, avendo usato l'equazione di stato per trovare la temperatura, non abbiamo usato l'equazione dell'energia. Calcoliamo ora le grandezze di ristagno a valle dell'urto. Dall'equazione di Bernoulli:



Dall'equazione della trasformazione:



E, infine, dall'equazione di stato:



Confrontiamo i risultati per mettere in evidenza una cosa generale: T0 = T0' , p0 > p0' , ρ0 > ρ0'.


Onde d'urto nel tubo di De Laval.

Il tubo di De Laval deve essere progettato rispettando la condizione che la pressione del fluido nella sezione di uscita deve uguagliare la pressione esterna.

Nel caso che la pressione esterna subisca un aumento rispetto a quella di progetto si genera una piccola perturbazione che, però, non si propaga a monte del tubo, a causa della velocità supersonica del gas; per cui il fluido non è in grado di adattarsi gradualmente a questo cambiamento.

La pressione del fluido subirà, invece, una brusca variazione delle pressione tramite un'onda d'urto che può considerarsi normale. Se la pressione esterna è poco superiore a quella di progetto, l'onda d'urto avverrà sulla sezione di uscita; dopo l'urto la pressione del fluido diventerà uguale a quella esterna. Se la pressione esterna aumenta, l'onda d'urto avverrà più a monte, sempre nel divergente; dopo l'urto il fluido diventa subsonico e, all'aumentare della sezione, la sua pressione continua ad aumentare fino a che diventa uguale a quella esterna nella pressione di uscita.

Al limite, quando la pressione esterna è sufficientemente grande, può verificarsi che l'onda d'urto si trovi proprio nella sezione critica; in questo caso, dopo, l'urto, non si alcuna variazione dei parametri, ma il fluido, superata la sezione critica, ritorna ad essere subsonico. Se la pressione esterna è ancora maggiore di quella che si ha nel caso precedente, il fluido rimane sempre subsonico; nemmeno nella sezione ristretta si raggiungono i parametri critici.



Nel diagramma in alto è riportato l'andamento della pressione nel tubo di De Laval, nei vari casi che abbiamo elencato.



Regime transonico

Prendiamo in considerazione un profilo alare immerso in una corrente subsonica. Sappiamo che, in questo caso, il fluido subisce prima un rallentamento; si ferma in prossimità della bordo di attacco; poi la sua velocità torna ad aumentare, raggiunge il massimo in prossimità del massimo spessore del profilo e poi torna a diminuire. Il tubo di flusso presenta quindi un tratto convergente, una sezione ristretta e poi un tratto divergente.

Se la velocità della corrente, pur mantenendosi subsonica, è sufficientemente elevata, nella sezione ristretta del tubo di flusso è possibile che si raggiunga la velocità del suono; nel divergente, poi, come accade nel tubo di De Laval, il fluido diventerebbe supersonico.

In conclusione: nonostante la velocità della corrente sia subsonica, è possibile che in qualche parte del profilo alare e dell'aereo si raggiunga la velocità del suono o velocità maggiori. Si parla, in questo caso, di regime transonico.

Viene chiamata velocità critica la minima velocità della corrente per cui sull'ala o sull'aereo si raggiunge la velocità del suono; il corrispondente numero di Mach viene chiamato critico. Il numero di Mach critico ha valori di solito compresi fra 0,7 e 0,9.

Nel regime transonico, come abbiamo detto, il tubo di flusso ha la forma del tubo di De Laval. Superata la sezione ristretta, dove il fluido raggiunge la velocità del suono, il gas diventa supersonico e la sua pressione continua a diminuire. Se si pensa che a valle del profilo vi è una pressione pari a quella atmosferica, maggiore di quella del gas, si capisce che ci troviamo nelle stesse condizioni in cui si trova il tubo di De Laval quando la pressione esterna è superiore alla pressione di progetto; perchéil gas torni subsonico e raggiunga la pressione atmosferica si forma un'onda d'urto sul profilo.

Alla velocità critica l'onda d'urto si forma proprio sulla sezione ristretta del tubo di flusso; ma è quel tipo "anomalo" di onde d'urto che non produce variazione nei parametri. All'aumentare della velocità della corrente, l'onda d'urto si forma sempre più arretrata, nel divergente del tubo di flusso. Inizialmente l'onda d'urto è normale; il fluido ritorna immediatamente subsonico e la sua pressione aumenta rapidamente. L'onda d'urto obliqua, causando anche la deviazione della corrente, fa distaccare lo strato limite, che però si riattacca rapidamente.

transonic flowA velocità maggiori l'onda d'urto, sempre più arretrata, si inclina sempre di più e diventa sempre meno forte. A velocità grandi l'onda d'urto, per quanto produca un aumento di pressione, è debole e la velocità del fluido rimane supersonica; per cui, all'aumentare della sezione del tubo di flusso la velocità del fluido continua ad aumentare e la sua pressione continua a diminuire. Si rende necessaria un'altra onda d'urto che avviene in prossimità del bordo d'uscita.

Tutto questo avviene sia sul dorso che sul ventre; per cui, ad alcune velocità, possiamo trovare sull'ala quattro onde d'urto, due sul dorso e due sul ventre.

Le onde d'urto modificano la distribuzione delle pressioni sull'ala; rispetto al caso subsonico si creano maggiori depressioni soprattutto nella parte poppiera dell'ala: aumenta la resistenza e diminuisce la portanza. Questo nuovo incremento di resistenza viene chiamato resistenza d'onda, che si aggiunge ai tre tipi di resistenza visti in precedenza.

Il buco di portanza è meno sensibile perché le depressioni sul ventre e sul dorso si compensano parzialmente. Il diagramma della figura che segue riporta l'andamento del coefficiente di resistenza all'aumentare del numero di Mach.

Ogni curva si riferisce ad una incidenza diversa. Inizialmente il coefficiente di resistenza diminuisce per l'aumentare del numero di Reynolds; poi, quando si raggiunge il Mach critico il coefficiente di resistenza aumenta in maniera abbastanza decisa fino alla velocità del suono.

Quando il regime diventa supersonico il coefficiente di resistenza torna di nuovo a diminuire perché il campo delle velocità subisce modifiche sostanziali: si forma davanti all'ala un'onda d'urto staccata ma continuano ad essere presenti le due onde d'urto in prossimità del bordo d'uscita (quest'ultime onde d'urto sono quelle che fanno deviare il gas e rendono la sua velocità parallela alla corrente indisturbata).

Per diminuire gli effetti negativi del regime transonico possiamo seguire due strade: aumentare il Mach critico, diminuendo lo spessore dei profili; infatti minore è il restringimento de tubo di flusso maggiore deve essere la velocità della corrente affinché nella sezione ristretta si raggiunga la velocità del suono. una volta entrati nel regime transonico possiamo minimizzare gli effetti facendo sì che l'onda d'urto si crei il più possibile arretrata; in questo modo diminuiamo la superficie in cui si creano le depressioni, causa della resistenza d'onda. Questo si fa facendo profili con spessore massimo molto arretrato, anche oltre il 50% della corda. Un profilo con queste caratteristiche viene chiamato profilo laminare. Il nome è dovuto al fatto che la loro forma dovrebbe consentire allo strato limite di conservarsi laminare.

Dal punto di vista aerodinamico questi profili danno luogo ad una bassa resistenza a basse incidenze, mentre ad incidenze un po' più elevate danno luogo a bruschi aumenti del coefficiente di resistenza; ciò è dovuto alla forma "appuntita" o a piccolo raggio di curvatura del bordo di attacco, per cui lo strato limite tende a staccarsi in prossimità del bordo d'attacco ad incidenze non troppo piccole. A questa categoria di profili fanno parte anche i profili lenticolari e romboidali di cui si parlerà nel prossimo paragrafo.



Regime supersonico

Quando la velocità della corrente diventa maggiore di quella del suono, l'onda d'urto stazionaria posta avanti al profilo produce una zona, in prossimità del bordo d'attacco, in cui l'aria diventa subsonica.

Poi, lungo tutto il profilo, l'aria mantiene sempre un deflusso supersonico con conseguenti basse pressioni. Rispetto al caso subsonico vi è sempre un aumento del coefficiente di resistenza anche se in misura minore di quanto avviene nel regime transonico.

All'aumentare della velocità l'onda d'urto si avvicina sempre di più al bordo di attacco dell'ala e la zona in cui il deflusso è subsonico diventa sempre più piccola, facendo così diminuire la resistenza d'onda.

Si possono diminuire gli effetti negativi facendo avvenire l'onda d'urto molto vicino al bordo d'attacco dell'ala. Particolarmente adatti allo scopo sono i profili a punta; infatti se l'angolo fra ventre e dorso in corrispondenza del bordo di attacco è più piccolo dell'angolo di Mach, l'onda d'urto si forma attaccata al profilo. Profili a punta sono il profilo romboidale (o a losanga) e il profilo lenticolare.

Se l'angolo fra ventre e dorso è più grande dell'angolo di Mach, l'onda d'urto rimane staccata al bordo d'attacco, con conseguente aumento di resistenza. Quindi, questi profili sono adatti solo ad aerei molto veloci.

Anche l'angolo di freccia può influire sul coefficiente di resistenza. Infatti l'onda d'urto, che corre parallela alla linea che unisce i bordi d'attacco dei vari profili, in questo è necessariamente obliqua e quindi più debole dell'onda d'urto normale. Gli effetti della freccia, però, sono molto piccoli e diventano sensibili solo con frecce pronunciate (maggiori di 30°).