NEI TEMPI ANTICHI

La matematica si sviluppò, al suo nascere, tanto nella direzione aritmetica che in quella geometrica, con interessi esclusivamente pratici.

E’ quasi certo che furono le necessità di contare gruppi di oggetti e di misurare estensioni a spingere l’uomo al primo approccio con la matematica.

Con lo sviluppo delle conoscenze divenne possibile porsi problemi sia scaturiti da esigenze reali, sia di natura più astratta, ci fu man mano una tendenza verso la generalizzazione e la matematica fu studiata non solo per soddisfare esigenze di tipo pratico.

I matematici greci ebbero il grande merito di ricercare leggi generali in matematica e di trattarla con

ragionamento assiomatico-deduttivo

consistente nel fornire dapprima alcuni termini con le relative spiegazioni (DEFINIZIONI) e nel formulare poi alcune proposizioni (ASSIOMI) che riguardano i termini già spiegati e che sono senz’altro da accettare come verità riconosciute da tutti.

Tutti gli altri elementi della teoria sono definiti successivamente per mezzo di quelli primitivi, e tutte le altre proposizioni (TEOREMI) vengono dedotte dagli assiomi o da altri teoremi già dimostrati.

Il pensiero matematico rimase per più di due millenni, dalla civiltà greca, fino all’inizio dell’800, vincolato al tacito presupposto che gli enti matematici fossero l’immagine, sia pure idealizzata, di enti naturali di per sé esistenti, sicchè la matematica fu per lungo tempo coltivata come una specie di scienza della natura.

Numeri e figure erano considerati come enti ideali aventi un’esistenza obiettiva. Gli assiomi iniziali non potevano essere scelti a piacere, ma dovevano esprimere delle proprietà evidenti, indiscutibili, imposte dall’esperienza.

Può destare stupore il fatto che per più di duemila anni i migliori scienziati di una lunga serie di generazioni siano rimasti ancorati ad una tale concezione. In verità i ricercatori erano bloccati dal fatto di essere sotto l’influenza di un’erronea impostazione filosofica.

Da PLATONE a KANT tutti i filosofi, malgrado le differenze di tendenza, ritennero che gli enti matematici fossero di natura obiettiva sia pure ideale (Platone) o trascendente (Kant).

Con l’inizio del secolo XIX le matematiche entrarono in un periodo di tumultuoso sviluppo : si fece sentire a poco a poco la necessità di approfondire le fondamenta dell’edificio costruito in modo da rendere assolutamente sicuri i risultati ottenuti.

Sorge così la tendenza a liberare la matematica dai presupposti intuitivi e fisici, considerandola come oggetto di studio a sé stante, con una consapevolezza sempre più chiara del carattere astratto degli enti matematici e, quindi, con una sempre maggiore indipendenza dalla filosofia naturale.


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